Alessandra Patelli: una gara tutta da vivere

Abbiamo raggiunto telefonicamente Alessandra Patelli che, dopo lo slittamento al 2021 delle Olimpiadi di Tokyo, si è messa a disposizione come tirocinante volontaria presso la ULSS 2 Marca Trevigiana. Qui, durante la settimana, contribuisce al servizio sanitario pubblico rispondendo al telefono ai cittadini che chiedono informazioni e pongono quesiti sul Covid19, mentre i weekend sono tutti per il canottaggio, rigorosamente a casa. La sua scelta non è passata inosservata alla Federazione Italiana Canottaggio, e da qui la notizia è arrivata a Sky Sport, alla Gazzetta dello Sport e ad altre testate nazionali e locali, tra cui La Tribuna di Treviso, che il giorno di Pasqua le ha dedicato la prima pagina. 

CP. Alessandra, innanzitutto un grazie per quello che stai facendo. Come stai vivendo le tue giornate durante questa emergenza?

A. Dopo che il raduno della Nazionale è stato sospeso mi sono ritrovata a Conegliano, la mia città natale, ma con l’idea fissa delle Olimpiadi pensi a fare l’atleta e a nient’altro, e così ho continuato ad allenarmi a casa, insieme a Simone [Martini, che ha qualificato il singolo senior maschile a Tokyo, n.d.r.], seguendo al contempo le lezioni della specializzazione online. Quando hanno rimandato le Olimpiadi, e di conseguenza il mio più grande obiettivo a breve termine [frutto di quattro anni di sacrifici e di duro lavoro, dopo Rio 2016, n.d.r.], ho sentito che era arrivato il momento di chiedermi come potevo dare una mano, e mi sono offerta volontaria all’ULSS 2 Marca Trevigiana.
Lavoro circa 6 ore al giorno facendo tirocinio volontario, concentrate la mattina. Poi torno a casa, mangio, e Simone mi aiuta con pranzi e cene, è bravissimo: mi ha fatto mettere su 1 kg e non ci era mai riuscito nessuno. Pensa che martedì, dopo l’abbuffata di Pasqua, mi sono messa al remoergometro quasi svogliata, ho provato a tirare un 2000 e ho fatto il mio record personale! Sarà stato il kilo in più, dicono che al remoergometro aiuti…
Comunque nel pomeriggio cerco di fare gli allenamenti, spesso sono “brevi” rispetto a quelli ordinari, perché alle 19 devo essere davanti allo schermo per seguire le lezioni online. Ecco, le giornate scorrono così. 

CP. In questi giorni tante testate giornalistiche hanno dato voce al tuo impegno: come ti senti a riguardo?

A. Non pensavo avesse così tanta eco, certo mi fa piacere, ma c’è tantissima gente che sta facendo più di me, in corsia e non solo. Io a un certo punto ho sentito che era giusto così, era giusto cercare di fare del proprio meglio, e non vorrei che la mia scelta apparisse come un modo per autocompiacersi. Non sono un eroe, sto solo dando una mano come posso.

CP. Sappiamo che ti è arrivata anche una telefonata dal presidente del CONI Giovanni Malagò.

A. Sì ecco, quella davvero non me l’aspettavo. Mi ha telefonato a sorpresa, chiedendomi come andava con il lavoro, con gli allenamenti… si percepisce che è una persona attenta che sa con chi sta parlando. Nonostante ci siano ottimi risultati durante le Olimpiadi, nei quattro anni non-olimpici sappiamo che il canottaggio è considerato in generale uno sport minore. E far parte di ciò che mette in luce questo sport mi fa davvero piacere.

CP. Che storie ti arrivano durante i tuoi turni al centralino?

A. Mah, è un lavoro in divenire. Ti interfacci con persone diverse: c’è chi è spaventato, chi più prudente, chi vorrebbe uscire subito… poi rispondi a famiglie che ti pongono problematiche di disabilità, la gestione difficile di un familiare, l’impossibilità di muoversi per effettuare esami e cose di questo genere a cui spesso non pensiamo. È un lavoro di problem solving che, anche se non sembra, impegna molto a livello mentale. Un po’ alla volta mi rendo conto che, anche se non sono specializzazioni che riguardano il mio percorso di studi, posso aiutare mettendo in campo l’esperienza e le competenze. 

CP. Sarà banale ma… ti manca remare?

A. Io e le mie compagne non avremmo mai pensato di dirlo, ma… ho voglia di tornare in raduno! Dopo Rio 2016 avevo deciso di fermare il canottaggio per circa 6 mesi, per poi riprendere. Mi ero resa conto già allora di come noi atleti siamo dei privilegiati, nonostante la fatica degli allenamenti, nonostante non esista un giorno di riposo alla settimana. Mi manca uscire in barca, tantissimo, mi manca la competizione, quella sfida continua con i compagni di squadra che ti porta a migliorare ogni giorno.

CP. Un desiderio per il futuro?

A. Che si ritorni alla normalità al più presto, e personalmente che io riesca di nuovo a organizzare Medicina e canottaggio per un altro anno ancora, per trovare una quadra nella mia vita, e arrivare pronta al sogno della seconda Olimpiade.

Ringraziamo Alessandra di vero cuore per il suo impegno, e le auguriamo di riuscire nello sport e nello studio ancora una volta, così come nella sua vita. Un connubio che dimostra come l’attività sportiva, anche a livelli assoluti, non pregiudichi questi percorsi, ma contribuisca a educare i cittadini nel perseguire diversi obiettivi, insegnando a tradurre l’impegno anche a servizio della società.

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